Ambientazioni di AC: lo specchio dei loro protagonisti
Sab, 08 agosto 2014
Tra gli elementi caratteristici della serie di Assassin’s Creed, vi è sicuramente la ricostruzione realistica e credibile delle varie ambientazioni storiche che di volta in volta vengono scelte come luogo degli avvenimenti dei singoli capitoli. Tutto questo, però, deve essere supportato dalla creazione di una mappa di gioco che non solo richiami strutture, spazi e geometrie del passato, ma che permetta di volta in volta approcci stealth, parkour, corsa, inseguimenti. Necessità, in sostanza, di un level design adatto alle finalità del gioco.
Nel corso della ormai passata generazione di console, abbiamo visto le ambientazioni più disparate, così determinanti da essere non solo profondamente diverse tra loro ma addirittura strumento di caratterizzazione dei personaggi principali.
Una delle mappe di AC1: la divisione in quartieri
Il primo Assasssin’s Creed divideva i quartieri in zone, ognuna caratterizzata da un level design adattato alle condizioni economiche e sociali del singolo quartiere. Il parkour era sempre fluido, dinamico, senza però perdere mai quella varietà necessaria per gli approcci stealth, vero punto focale del primo capitolo della serie. In qualche modo, Altair è anche questo: giovane e veloce, sì, ma anche silenzioso e paziente. In una parola, un assassino.
Firenze
Dal secondo capitolo, con i vicoli, le strettoie e le torri, il parkour diventa potenzialmente una corsa infinita tra le vie di Firenze e Venezia. Difficilmente si incappava in punti morti ma in ogni angolo c’era un panno bianco che ti mostrava dove poter cominciare una nuova sessione di parkour. E l’Ezio di Assassin’s Creed II è proprio questo: potenza esplosiva, violenza, velocità, forza.
Roma e le passeggiate di fronte al Pantheon
In Brotherhood (per il sottoscritto, la peggior ambientazione della serie), la ricchezza strutturale dei capitoli precedenti lascia il posto a zone più vaste, alternando le ormai tradizionali corse in free running con cavalcate sul Tevere e passeggiate di fronte al Pantheon. Purtroppo, non riesco a vedere nel personaggio principale di questo capitolo un’evoluzione coerente con lo sviluppo delle ambientazioni, che sembrerebbe suggerire un approccio più tattico e ragionato alle varie missioni. Al contrario, Ezio diventa una macchina da guerra, invincibile, un carro armato (ne userà addirittura uno…).
Revelations (il setting preferito di chi scrive), unisce la presenza di una forte componente parkour con un approccio molto più ragionato, con zone create ad hoc per poter usare la struttura sistemica delle bombe (la parola sistemica è tornata in auge, guarda caso, con Unity, dove il creative director è lo stesso di Revelations, Amancio). Dopo una serie interminabile di salti e corse tra tende e torri, Ezio può dileguarsi in una nuvola di fumo o fuggire utilizzando i vari strumenti a sua disposizione, dalla lama uncinata alle corde che collegano i vari tetti della città. L’Ezio di Revelations è esattamente così, un Maestro assassino, abile in combattimento, ma ancor di più nell’agire nell’ombra, e fuggire ancora più rapidamente.
... zone create ad hoc per poter usare la struttura sistemica delle bombe...
Assassin’s Creed 3 ha poi rappresentato, per me, il cambiamento più radicale nella serie, oltre ovviamente a quello operato con Black Flag. I primi due capitoli, che collegavano le città con spazi sostanzialmente vuoti e privi di particolari e stimolanti sessioni di free running e combattimento, si contrapponevano a Brotherhood e Revelations, totalmente concentrati sulla singola città scelta come setting, mentre al massimo delegavano la varietà delle ambientazioni a missioni secondarie, peraltro limitate nell’open world. AC3 rivoluziona questa struttura, presentando (come tutti i capitoli caratterizzati da numerazione) varie città collegate tra loro da una grande mappa, in questo caso specifico la Frontiera. Ma, se nei primi capitoli (e anche in Black Flag) queste zone sono dedicate a tutto tranne che al parkour, in AC3 è la Frontiera la zona dove possiamo osservare l’inarrestabile forza di Connor, a suo agio nello scalare pareti rocciose e alberi secolari. In città, invece, le strade sono larghe, i tetti sempre sorvegliati da decine di guardie, e la loro struttura moderna non presenta differenze così sostanziali da zona a zona. Sono città estranee al giocatore della serie, diverse da qualsiasi cosa il fan di Assassin’s Creed abbia visto fino a quel momento. E in fondo Connor si sente come il giocatore, in un mondo non suo, che tenta di proteggere ma che non capisce del tutto.
Havana
Per quanto riguarda Black Flag, è ovviamente palese come molte delle strutture tradizionali della serie siano state abbandonate, volendo volutamente creare un open world molto più tradizionale, dove ci troviamo a non dover osservare ogni singola parete, per capire quale direzione poter prendere nel modo più rapido e utile, ma dove possiamo semplicemente scegliere un obiettivo e muoverci in quella direzione. E questa evoluzione del giocatore nell’approccio al free roaming, è proprio quella di Edward, che da pirata di fortuna in cerca di fama, denaro e gloria, diventa un assassino conscio delle sue responsabilità, attento e riflessivo, molto più paziente dello spavaldo e irrequieto gallese che incontriamo ad inizio avventura. Le città scelte, poi, rappresentano tutte il meglio delle ambientazioni viste in tutta la serie: se L’Havana ricorda Firenze e Istanbul, la larghezza delle strade di Kingston non può non ricordare quello stile inglese tipico di Boston e New York.
Senza queste ambientazioni, probabilmente la caratterizzazione dei personaggi della serie sarebbe stata limitata, impossibilitata ad esprimersi del tutto. Invece, determinate ambientazioni permettono a noi giocatori di comprendere come il carattere e lo sviluppo psicologico dei personaggi si rifletta anche nelle loro azioni.
In quest'ottica, come si inseriranno, secondo voi, ACUnity ed ACRogue? Cosa ne pensate?
Lasciateci un commento e fateci sapere la vostra idea!