Fra estasi e demolizioni - Una critica alle critiche
Sab, 22 Ottobre 2013 I videogiochi, oramai, sono la forma d’intrattenimento intorno alla quale ruotano i più succosi ricavi e i maggiori investimenti. Come se questo avesse una valenza negativa, il videogiocatore medio oggi si scaglia con veemenza, ed un filo di supponenza, contro qualsiasi brand superi il terzo capitolo (a meno che non sia una serie che ha origine nella passata generazione, in quel caso è intoccabile). Ovviamente, la serie di Assassin’s Creed non fa eccezione, anzi, viene accusata di essere il nuovo CoD (effettivamente, ci sono molti punti in comune), viene condannata per un gameplay sempre identico, viene massacrata per via dell’utilizzo “commerciale ed esasperato” che ne fa Ubisoft per rimpinguare le sue già ricolme casse (questo vorrà pur dire qualcosa). In realtà, come spesso accade, dietro i game designer dell’ultima ora si celano figure inesperte ed errori di valutazione, dettati spesso dalla malafede. Trovo utile analizzare caso per caso gli elementi maggiormente contestati dell’ultimo capitolo della serie, ossia AC3. Solo per limitarci alle critiche di chi è estraneo alle serie di AC, quindi senza considerare i “fan delusi” e quelli che ”questo è l’ultimo AC al D1”:
Esaminiamo punto per punto questi “elementi critici”. L'americanata
Chiunque abbia un minimo di spirito critico, finito AC3, deve ammettere che “americanata” è un termine che non può essere accostato a questo capitolo. Washington è una figura meschina che non per caso finisce a giocare a bocce (si, letteralmente) mentre il processo costitutivo deve avere luogo. Un uomo pronto a tradire la fiducia di chi lottava per lui pur di raggiungere lo scopo più facilmente e con meno rischi. Esplicative sono le due missioni finali di Connor: quella al villaggio e quella al porto di Boston. Mi limiterò a trascrivere il dialogo tra il cacciatore e Connor, dopo che questi torna al villaggio alla fine della guerra. Vale più di mille parole: Connor fa ritorno a Kanatahséton, dove però trova solamente un viaggiatore accanto ad un fuoco acceso. Viaggiatore: Se avete fame, ce n'è in più. Connor: No, grazie. Il viaggiatore fa cenno di sedersi intorno al fuoco a Connor, che tuttavia continua a guardarsi intorno stupito. Connor: Dove sono tutti? Viaggiatore: Verso ovest. Sono partiti già da un po'. Dicono che il Congresso abbia ceduto la terra a dei tizi di New York. Connor: Cosa? Viaggiatore: Capita sempre più spesso. Il governo dice che non possono occupare le terre indiane, ma... (Risata) Connor si siede intorno al fuoco insieme all'uomo. Connor: Come è potuto succedere? Viaggiatore: Siamo liberi ora. Ci siamo disfatti della vecchia Inghilterra. Il che vuol dire che dobbiamo cavarcela da soli. Ci vogliono soldi. E vendere la terra è molto facile. Certo ci vorrebbero delle tasse. Ma siccome sono state le tasse a scatenare la guerra, nessuno ha fretta di reintrodurle. (Risata) Eh, sono dei furboni i nostri nuovi governanti. Sanno bene che non devono spremerci. Troppo presto per le tasse. Troppo... da inglesi. Senza dire una parola, Connor si rialza e si prepara a lasciare il bivacco del viaggiatore. Connor: Grazie. Viaggiatore: Statemi bene! Credo non serva aggiungere altro. Il gameplay ripetitivo
Il fatto che il gameplay sia ripetitivo è, anche qui, spesso frutto di analisi superficiali o dettate dalla malafede. Ma facciamo un passo indietro…. Ubisoft ha tentato di rinverdire e rinnovare altre sue glorie del passato, in modo più o meno deciso. Splinter Cell’s Convinction fu un deciso passo verso l’aggiunta di elementi molto più action, ma sicuramente non una rivoluzione totale del gameplay che aveva caratterizzato la saga. Eppure Ubisoft è stata perdonata solo qualche mese fa, con l’uscita di Blacklist, per questo “tradimento”. Prince of Persia, il reboot del 2008, gioco considerato dalla critica specializzata un gioiello narrativo, venne massacrato perché “totalmente diverso” rispetto ai capitoli precedenti, e gli splendidi elementi esaltati da tutti i veri esperti vennero subito messi al bando proprio perché non graditi ai videogiocatori.
Ora, con AC, la Ubisoft si è chiesta: ”Se cambiare poco o cambiare del tutto la struttura del gameplay comporta queste critiche, perché allora non rinnovare e aggiornare il gameplay senza però tradirne l’essenza?”. Un ragionamento logico, per chi ha provato tutte le strade, e si è visto sempre chiudere tutte le porte. Purtroppo, però, il videogiocatore non vuole che si tocchino le strutture che apprezza, ma chiaramente se un prodotto videoludico non va incontro ai suoi gusti, il gameplay e la sua ripetitività sono l’argomento col quale va a nozze. Peccato che in AC3 siano presenti molti elementi nuovi del gameplay, sia fondamentali, sia “d’arricchimento”. Le missioni navali, la possibilità di scalare gli alberi, la caccia, le missioni della tenuta e gli elementi gestionali mai così importanti fino ad ora (se non li fai quando sono previsti, durante lo svolgimento della trama, non potrai più farli), nuove armi come arco, corda, tomahwak, più varie armi da fuoco, la possibilità di coprirsi dietro ai ripari, la possibilità di nascondersi nei cespugli, fuggire passando tra le finestre dei palazzi, le uccisioni in corsa, le scariche di fucile nemiche e la conseguente possibilità di coprirsi col corpo dei nemici, una gestione finalmente credibile degli assassini, finalmente con categorie precise di appartenenza cone i cecchini, i ladri, i combattenti, le guardie del corpo, ecc., le missioni nel presente, gli assalti ai convogli, i cani da guardia… Per non parlare di un ritorno alle origini con le missioni di ascolto e di furto che oramai non si vedevano con queste meccaniche (qui migliorate) dal primo capitolo. E, di nuovo, per tacere delle ambientazioni cittadine che costringono ad approcci molto più frequenti via terra e limitando la possibilità di muoversi per tutta la città senza toccare il suolo (anche perché, stavolta, i tetti sono molto più guarniti). Chiedere di più avrebbe significato chiedere un gameplay diverso nella struttura. La Ubisoft ha solo deciso di dare fiducia ai suoi fan, che l’hanno ricambiata raddoppiando le vendite di Revelations. Per quanto riguarda le critiche alle uscite annuali, e di conseguenza la presenza di migliaia di bug e glitch, bisogna fare delle analisi e delle riflessioni un attimo più complesse. Come prima cosa, bisogna specificare che non tutti i capitoli della serie hanno avuto uno sviluppo annuale, come ad esempio Assassin’s Creed III e il futuro Black Flag. Molti videogiocatori rimangono sorpresi quando qualche mese dopo l’uscita del capitolo annuale già viene annunciato il sequel, e si lamentano del fatto che sia tutto pronto, “copiato ed incollato”, nell’arco di tre mesi. Ma un fan “leggermente” più attento (basta un mi piace a qualsiasi pagina d’informazione videoludica degna di questo nome) sa che viene annunciato l’inizio dei lavori sul prossimo titolo ben prima dell’uscita del nuovo titolo della serie. Per quanto riguarda bug e glitch… allora, io odio gli esempi personali, perché minano la credibilità di qualsiasi argomentazione. Non mi metterò quindi a dire di come per me Heavy Rain sia un gioco che, a ricordarlo, fa ridere, per via del finale buggato. Così come non inveirò contro Lords of Shadow per un bug che a poche ore dalla fine mi ha fatto ricominciare tutto da capo. Non sono neanche un esperto del settore, non saprei analizzare la gravità e la pesantezza di questi errori di programmazione, dovendo fare una valutazione tecnica. Dico solo che questi problemi li ho riscontrati, in forma più o meno ampia, in titoli esclusivi per PS, per Xbox, per PC, per ogni casa di produzione, persino nei titoli indie. Il videogiocatore che critica fortemente la serie per questi motivi o dovrebbe smettere di interessarsi al mondo dei videogiochi, oppure dovrebbe ammettere a se stesso che sono problemi che saltano all’occhio così fortemente solo perché parliamo di Assassin’s Creed, perché non ho sentito alcuna critica per TLOU, GTA V, ecc. Sul multiplayer, devo fare una premessa: io difficilmente gioco online. Non solo non mi attira il dover competere con persone che mi offendono per la nazionalità, l’accento e la bravura nel giocare, ma spesso trovo estremamente stressante l’adrenalina che determinati tipi di gameplay online ti iniettano (tranne Left 4 Dead: i CVP abbiano in gloria Valve). Quando però lessi caterve di commenti su Spaziogames e nei vari forum, dove scrivevano che “il multiplayer di Assassin’s Creed è noioso, è come giocare a nascondino”, capii immediatamente che avevo davanti un buon prodotto. Ed effettivamente, il multiplayer di Assassin’s Creed ha dato una boccata d’aria fresca al panorama dei Tripla A, perché esperimenti come quello di TLOU avrebbero avuto più ostacoli da superare senza l’uscita, con Brotherhood, del multi di AC. Che poi, tutto quello che ho scritto può essere anche una grande menzogna… ma il multiplayer è un elemento assolutamente soggettivo, dipende semplicemente dai gusti di ognuno. E, a giudicare dalla quantità di persone che giocano e si divertono sui server di AC3, credo sia un multiplayer ben riuscito. Ci sarebbe tanto altro da analizzare, e scommetto che molti, leggendo più in alto, si saranno chiesti perché manca quella o quell’altra cosa. “Perché non rendere il parkour come in Mirror’s Edge?”, o il gettonatissimo “Connor è un personaggio piatto”, per non parlare degli evergreen “Assassin’s Creed è un gioco troppo facile!” (perché il videogiocatore oggi vuole doversi aprire il culo, non aprire la mente). La realtà è che non si può scrivere un articolo in risposta a tutte le critiche su AC. Sia perché la mole di lamentele è talmente grande da richiedere troppo tempo e troppo spazio, sia perché oramai è diventato un fenomeno di massa così diffuso e apprezzato che neanche il miglior action\adventure di sempre potrebbe essere considerato un buon videogame. Però sentivo l’intima necessità di rispondere alle critiche che considero meno solide e basate su informazioni carpite qua e la, più da lettore di commenti che da videogiocatore con qualche ora di esperienza sugli ultimi Assassin’s Creed. Da amante dei videogames come forma d’espressione, la cosa che più infastidisce è che ci si concentra sempre su bug, uscite annuali e texture, dimenticandosi sempre ciò che la serie di Assassin’s Creed ha portato ai videogames, soprattutto al mondo delle grandi produzioni videoludiche: maggiore credibilità, stile e narrazione. Ma per leggere di Désilets e delle sue idee, dovrete aspettare ancora un po’…
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