La storia della Sindone in 12 atti - Parte 1
Markuz, 14 Settembre 2015
DISCLAIMER: Se ci fosse il bisogno di dirlo, visto l'argomento dell'articolo, tutte le supposizioni, le teorie e quant'altro qui presente sono da riferirsi esclusivamente alla trama di Assassin's Creed e non sono in alcun modo da ritenersi opinioni a sfondo religioso. Il Frutto dell'Eden 66 (o 36 nella versione francese di Assassin's Creed II), ovvero la Sindone / Sudario dell'Eden, è probabilmente uno dei manufatti creati da Coloro che Vennero Prima con il maggior numero di informazioni relative alla sua storia ed ai suoi vari possessori (secondo forse solamente alla Mela di Ezio mostrata nei giochi della saga dedicati all'assassino fiorentino ed in Assassin's Creed III). La sua menzione nella demo dedicata ad Evie Frye mostrata al Gamescom ed il fatto che sarà parte fondamentale della trama dedicata alla protagonista femminile di Assassin's Creed Syndicate, come indicato nella nostra intervista con il Game Director Scott Philips, hanno riportato in auge questo manufatto ormai quasi dimenticato dai fan e, almeno in prima battuta, non posso che esserne contento. Per questo motivo, e anche per prepararci a quello che potremmo aspettarci da Syndicate, questo articolo sarà dedicato a mostrare la storia della Sindone nella trama di Assassin's Creed, dal mito fino ai giorni nostri. Le nostre fonti saranno principalmente il Glifo 7 di Assassin's Creed II e Project Legacy ma, come vedrete, non ci limiteremo ad esse. Non ci resta che cominciare! Atto 1 - La Prima Civiltà ed il mito di Giasone
Come ogni Frutto dell'Eden che si rispetti, la Sindone deve necessariamente la sua creazione alla Prima Civiltà. Una delle caratteristiche più curiose che contraddistingue la sua "genesi" ci arriva dalla frase di apertura del Glifo 7 di AC2, scritta direttamente dal Soggetto 16, Clay Kaczmarek: “Colto la prima volta da un albero difeso da un serpente, i suoi poteri compiono miracoli. Poi, logorato nel corso dei secoli, lacerato, nascosto sotto un mare di rosso, ricostruisci la linea cronologica." L’indizio del soggetto 16 è criptico già dall’inizio perché parla della Sindone come di un qualcosa che, a parte il compiere miracoli (la “resurrezione” di Gesù, per esempio), in origine era attaccato / appeso ad un albero e difeso da un serpente. Il richiamo all’episodio di Adamo ed Eva è palese, ma qui il serpente difende l’albero e, a differenza della valenza negativa che conosciamo dal testo biblico, in questo caso potrebbe invece avere un significato positivo. I temi dell’albero e del serpente, poi, sono stati più volte citati nei glifi: l’episodio di Adamo ed Eva, il giardino delle Esperidi, le mele di Iðunn (nella mitologia nordica di cui fa parte Iðunn è anche presente l’albero del mondo Yggdrasil, protetto gelosamente dal serpente Nídhögg), il vello d’oro che vedremo essere protetto da un drago (simile ad un serpente, come si vede dall’immagine proposta dal glifo), Sigmund che estrae la spada da un albero assimilabile all’estrazione della spada dalla roccia da parte di Artù, il dio serpente Quetzalcoatl e chissà quanti altri. L'unico elemento certo o, per meglio dire, confermato, è che la Sindone in origine, in "epoca CVP" facesse parte di / fosse appesa
Tornando alla Sindone, ed al Glifo 7, il primo possessore del manufatto è Giasone, in Grecia, in epoca preistorica (il glifo - e dunque Clay - non specifica meglio il periodo). In questo caso la chiara allusione è che il famoso "vello d'oro" non fosse altro che il Frutto dell'Eden che stiamo analizzando. Prima di descrivere Giasone e le sue relazioni con il vello d’oro è necessario fare una premessa per capire da dove questo provenga, nella mitologia greca e, con molta probabilità anche in quella di Assassin's Creed. L’antefatto riguarda Atamante, figlio di Eolo (il dio dei venti) e re della Beozia, il quale, per ordine di Era (Giunone), sposò Nefele, una dea
Dalla Colchide, che più o meno costituiva l’odierna parte occidentale della Georgia, ci spostiamo in Tessaglia, in Grecia. Qui Pelia, figlio di Poseidone (Nettuno) e di Tiro, assetato di potere, dopo un’aspra contesa, detronizzò Esone, suo fratellastro, e ne uccise tutti i discendenti. Alcimede, moglie di Esone, però, aveva appena avuto un figlio, di nome Giasone, che affidò al centauro Chirone per sottrarlo alla violenza di Pelia, al quale, peraltro, era stato annunciato da un oracolo di cercare di stare attento all’uomo con un solo sandalo. Molti anni dopo, mentre a Iolco si tenevano i giochi in onore di Poseidone, arrivò Giasone, il quale perse uno dei suoi sandali nel fiume mentre aiutava un’anziana ad attraversarlo (la donna era in realtà la dea Era-Giunone travestita). Lei lo benedisse e Giasone si recò da Pelia, reclamando il trono del padre. Pelia in tutta risposta gli disse che lo avrebbe ottenuto solo dopo aver conquistato il vello d’oro e Giasone accettò la sfida. Radunò un gruppo di eroi, gli Argonauti (dal nome della nave con cui sarebbero partiti, ovvero Argo), per assisterlo nella sua missione. Tra essi figuravano Ercole (che vediamo in possesso di una o più Mele nel Giardino delle Esperidi nel Glifo 1), Peleo (presente al banchetto del matrimonio dal quale si è sviluppata la trama del giudizio di Paride e da cui Eris fece scaturire la Guerra di Troia con una Mela) e Atalanta (“ingannata” dalle Mele d’oro lanciate da Ippomene / Kyros di Zarax; secondo altre versioni del mito di Giasone, Atalanta non faceva parte degli Argonauti perché Giasone temeva la presenza di una donna nel gruppo).
Dopo mille peripezie, gli Argonauti arrivarono in Colchide. Giasone incontrò il re Eete, il quale gli promise il vello a patto di superare tre prove: Giasone, conosciuta la natura delle sfide, si disperò, ma Era/Giunone (diventata ormai benevolente nei suoi confronti) ne parlò con Afrodite/Minerva. Quest'ultima chiese al figlio Eros/Cupido di far innamorare di Giasone la figlia di Eete, Medea, così da aiutarlo nelle tre prove, in quanto dotata di “poteri magici” come sua zia Circe. Tralasciando le prime due prove, nella terza Giasone avrebbe dovuto sconfiggere il drago insonne a guardia del vello d’oro. Grazie a Medea e ad una sua pozione, Giasone riuscì a far addormentare il drago (invece di sconfiggerlo) e a conquistare il vello. Successivamente, Giasone, gli Argonauti e Medea fuggirono dall’Isola, inseguiti da Eete e le sue milizie. Da qui in poi non si fa più menzione del vello d’oro in quanto tramite un inganno, Medea fece uccidere Pelia dalle sue figlie e, in seguito, Giasone tradì Medea, rompendo la promessa di amore eterno e perdendo i favori della dea Era. Traducendo tutto nel contesto di Assassin's Creed, possiamo dedurre che un uomo di nome Giasone rubò la Sindone dall'Albero presso cui era protetta da un "drago/serpente" attraverso l’aiuto di una "maga", le cui capacità possono facilmente essere spiegate con l’utilizzo di un altro Frutto dell’Eden. In particolare, con riferimento a quest’ultima informazione, è anche possibile ipotizzare che Medea abbia rubato una Mela a uno degli Argonauti che sappiamo esserne venuti in contatto (Ercole, Peleo ed Atalanta). Va considerato, inoltre, il ruolo attivo nello sviluppo degli avvenimenti da parte degli dei / CVP. Atto 2 - Giuseppe, Davide e Golia
Dalla "Preistoria", sempre seguendo il Glifo 7, la Sindone riaffiora nelle mani di Giuseppe, in Egitto, circa nel 1700 a.C.
L’episodio che ci riguarda avviene subito dopo l’introduzione dedicata a Giuseppe nel Capitolo 37 della Genesi, quando il futuro patriarca aveva solo diciassette anni: Ora Giuseppe accusò al padre i suoi fratelli di un crimine detestabile. Israele (padre di Giuseppe, anche conosciuto come Giacobbe) amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché lo aveva generato nella sua vecchiaia, e gli fece una tunica con un tessuto di vari colori. Questo fatto aumentò la già forte gelosia dei fratellastri di Giuseppe, alimentata anche da due suoi sogni: nel primo undici covoni di grano creati dai suoi undici fratellastri si inchinavano davanti al covone di grano confezionato da Giuseppe; nel secondo undici stelle, il sole (che rappresenta Giacobbe nella Bibbia) e la luna (rappresentante la matrigna Lia) si prostravano davanti al diciassettenne. In questo senso, inoltre, come succede per Giovanni Borgia in Project Legacy, l’avvolgersi nella Sindone - all'interno della trama di AC - potrebbe avere causato effetti diretti su Giuseppe rendendolo in grado di conoscere il passato (una sorta di effetto osmosi) e magari il futuro (come accade con le Mele) e quindi di interpretare i sogni propri ed anche quelli altrui, come vedremo tra poco.
Quanto alla tunica, la Genesi fornisce una spiegazione del perché sia possibile interpretarla come di colore rosso. Dopo aver venduto Giuseppe, infatti, i suoi fratelli… [31]Presero allora la tunica di Giuseppe, scannarono un capro e intinsero la tunica nel sangue. [32]Poi mandarono al padre la tunica dalle lunghe maniche e gliela fecero pervenire con queste parole: «L'abbiamo trovata; riscontra se è o no la tunica di tuo figlio». [33]Egli la riconobbe e disse: «E' la tunica di mio figlio! Una bestia feroce l'ha divorato. Giuseppe è stato sbranato» Da qui in avanti, la storia di Giuseppe è costellata di interpretazioni di sogni (che potrebbero essere spiegate dalla trama di AC come previsioni e quindi come "calculations"). In questo senso, l'episodio più conosciuto è rappresentato dall'interpretazione del sogno del Faraone d'Egitto sulle famose sette vacche grasse e sette magre e da sette spighe piene e sette vuote. Giuseppe interpretò i sogni affermando che in Egitto si sarebbero susseguiti sette anni di abbondanza dei raccolti e sette anni di carestia e, come sempre, avvenne ciò che lui aveva previsto. Sempre seguendo la cronistoria indicata dal glifo 7, facciamo un salto di 700 anni ed arriviamo all'episodio di Davide e Golia, nella Valle di Elah, nel 970 a.C. circa e, nello specifico a Davide.
L’episodio che ci interessa, comunque, è il famoso scontro tra Davide (mentre ancora non era re) ed il gigante Golia. In quel periodo gli ebrei, guidati dal loro re, Saul, erano in guerra con i filistei, i quali annoveravano tra le loro fila un gigante alto quasi tre metri con una corazza pesante quasi 60 chili, ovvero Golia. Per quaranta giorni Golia lanciò una sfida all’esercito ebreo, nella speranza che almeno un soldato si sarebbe fatto avanti: il vincitore di un combattimento uno contro uno avrebbe garantito la vittoria al proprio popolo su quello del perdente. Mentre si trovava nell’accampamento degli ebrei per portare cibo ai suoi fratelli e per accertarsi delle loro condizioni, Davide sentì l’ennesima sfida di Golia e si recò dal re Saul offrendosi di affrontare il gigante. Il re accettò e lo fece vestire con la propria armatura, ma Davide se la tolse subito in quanto gli impediva il movimento. Si recò, quindi, dal gigante con una fionda, cinque pietre lisce raccolte da un torrente, e, come sappiamo dall’immagine proposta dal glifo, con la Sindone. Colpì il gigante con una delle pietre lanciate dalla fionda (sempre che questa azione non fosse un’illusione della Sindone). Golia cadde a terra stordito e Davide si precipitò verso di lui e lo decapitò con la sua stessa spada. Nota di colore, Davide ebbe diversi figli: quello che gli successe al trono fu Salomone, a cui è dedicato il tempio in cui si trova la Mela all’inizio del primo Assassin’s Creed. Atto 3 - Gli Assassini romani e Bruto Facendo un altro salto di circa mille anni, la Sindone ricompare nel 42 a.C. a Filippi, in Macedonia. Le informazioni questa volta sono più limitate e ci arrivano da Project Legacy, all'interno del capitolo "Spiriti dei Natali Passati". In questo caso il ricordo viene raccontato da uno degli Assassini romani poco tempo dopo che il loro leader, Bruto, si è tolto la vita. Per chi non se lo ricordasse stiamo parlando dello stesso Bruto che uccise Giulio Cesare il 15 marzo del 44 a.C. e che, nella trama di AC, ebbe accesso al Tempio di Giunone (per maggiori informazioni date un'occhiata al nostro articolo "La Fine di un'era - Parte 2").
I congiurati assecondarono Antonio per preservare la pace, ma mentre loro si allontanarono da Roma, Antonio ci ritornò e, poco dopo, questi tentò di allontanarli ancora di più proponendo loro di acquistare grano dalla Sicilia e dall'Asia. I rapporti tra i congiurati e Antonio continuarono ad incrinarsi fino a quando Bruto, Cassio e gli altri congiurati si diressero in Oriente, a Creta, dove rimasero fino al 42 a.C. In tutto questo periodo Bruto cercò lo stesso un accordo con Antonio, che però non si verificò. All'inizio del 42 a.C. Giulio Cesare fu annoverato tra gli dei dello stato e dunque Ottaviano, "figlio di un dio", si preparò insieme ad Antonio ad affrontare la guerra decisiva per vendicare la morte del "padre della patria" e debellare definitivamente l'opposizione repubblicana sostenuta dai congiurati che lo avevano assassinato. La guerra avvenne a Filippi, in Macedonia ed in questa situazione, per farla breve, di fronte a una sconfitta quasi certa, sia Cassio che Bruto si suicidarono. In particolare, quando il corpo di Bruto fu trovato, Marco Antonio lo fece avvolgere nel più prezioso dei suoi mantelli di porpora (l'ennesimo simbolo del mantello di porpora collegato alla Sindone in AC). Qui, finalmente, entra in gioco Project Legacy. Nella scena raccontata gli alleati Assassini di Bruto circondano il suo cadavere, piangendo la sua morte. Uno di loro racconta che Antonio aveva inviato un sudario in cui avvolgerlo, un gesto che loro considerano "vile" in quanto era stato lui stesso, indirettamente, a metterli in quella situazione, non affrontando Ottaviano.
Il loro era un tentativo vero e proprio di far tornare in vita Bruto, che purtroppo non è andato a buon fine. La Sindone "funziona" perché il cadavere si muove, apre gli occhi, solleva le braccia e afferra l'aria con le dita... ma Bruto non respira e non parla, giace immobile. Non essendo riusciti a riportare in vita Bruto, gli Assassini lo hanno avvolto nel sudario di Antonio, rassegnandosi a dover radunare le forze per affrontare il futuro senza il loro fratello. Questo episodio ci è utilissimo per comprendere come la Sindone NON sia un Frutto dell'Eden che consente la risurrezione dell'utilizzatore, specie se utilizzata dopo un certo periodo dalla morte del soggetto. Dunque, chi andremo ad analizzare subito dopo aver detto che la Sindone non porta alla risurrezione? Atto 4 - Gesù Cristo Ok, qui ci sarà tanto da dire, cercherò di seguire, per quanto possibile, il glifo 7. Tutti sappiamo chi è Gesù di Nazareth: egli è, per il Cristianesimo, il Messia e Dio fatto uomo e per l’Islam un profeta. Secondo le fonti disponibili e citando Wikipedia, oltre al lavoro manuale di falegname, svolse l’attività di predicatore, guaritore ed esorcista, anche attraverso i cosiddetti miracoli. Le principali fonti storiche sulla sua vita arrivano dai Vangeli e dalle lettere di San Paolo apostolo.
In ogni caso la vita di Gesù, come detto poc’anzi, fu costellata di avvenimenti soprannaturali, detti miracoli. Tali miracoli, seguendo Wikipedia possono essere classificati in cinque categorie: guarigioni, esorcismi, dominio della natura, resurrezioni e conoscenze soprannaturali e, come indicato su Initiates "I Templari scoprirono che dietro ai suoi grandi miracoli c'era un antico e potente artefatto conosciuto come la Sindone dell'Eden". Eccone alcuni esempi:
Prima di descrivere i collegamenti con la parte finale della vita di Gesù, è necessario analizzare un altro elemento del glifo 7.
Come molti ormai sapranno o si ricorderanno, andando ad analizzare il mantello rosso sulla destra, si scopre che questo non è la Sindone, bensì una
Sono stati i Templari, infatti, ad architettare la morte di Gesù, al fine di ottenere la Sindone: si sono serviti di una delle loro più grandi organizzazioni create per il controllo dei popoli, ovvero l’Impero romano, nel periodo di governo dell’imperatore Tiberio. In particolare, come ricorda l’episodio biblico, dopo averlo crocifisso, i romani (Templari), si divisero le sue vesti e quindi si appropriarono della Sindone. Gesù, quindi, è morto crocefisso, è stato deposto dalla croce ed infine portato nel sepolcro. Da qui in avanti è di nuovo Initiates a indicarci come sono andate le cose: Pochi giorni dopo la sua morte, i discepoli fedeli a Gesù riuscirono a riprendersi la Sindone e tentarono di sfruttare i suoi poteri per far risorgere il loro Messia. Non viene, dunque, specificato se i discepoli fossero alleati degli Assassini, ma è da questo evento che origina la risurrezione di Gesù il terzo giorno dopo la sua morte (anche in questo caso non è passato tanto tempo dalla morte stessa). La Sindone, quindi, in questo frangente sarebbe rimasta in mani diverse da quelle templari, prima di far perdere, ancora una volta, le sue tracce. Atto 5 - Geoffroi de Charny e gli Assassini di Monteriggioni nel XIV secolo Un altro salto di 1300 anni circa ci porta al XIV secolo, nella Villa di Monteriggioni. Le informazioni ci arrivano ancora una volta da Project Legacy, da un ricordo singolo del capitolo "Spiriti dei Natali passati". Il protagonista è un non meglio identificato Assassino che racconta di una missione avvenuta di recente in Francia. La missione consisteva nel rubare la Sindone dal templare Geoffroi de Charny, un personaggio storico realmente esistito ed il primo comprovato possessore della Sindone nella realtà (da non confondersi con l'omonimo Geoffroi de Charny, anch'egli Cavaliere Templare, che fu messo al rogo insieme a Jacques de Molay nel 1314). Il nostro Assassino racconta di come la missione sia "miracolosamente" riuscita, con i suoi confratelli che sono stati in grado di sostituire la vera Sindone con una copia identica (questo è il modo con cui in AC viene spiegata la presenza della Sindone a Torino), portando dunque l'originale a Monteriggioni. L'Assassino, che con ogni probabilità fa parte degli Auditore, e forse è Domenico, afferma che la Sindone è contenuta in una scatola e che quando questa ne viene estratta "avverte il male" e prova nausea. Ciononostante la analizza e osservandola nota "chiaramente la forma di un uomo, steso con le braccia lungo il corpo e le mani in grembo" e che secondo i documenti della Chiesa, il viso ritratto ha mutato aspetto nei secoli (è possibile che la Sindone abbia mantenuto i lineamenti del suo ultimo utilizzatore). Oltre a questo, già nel XIV secolo il tessuto della Sindone è logorato, ingiallito e presenta macchie di sangue e segni di tortura, tratti inusuali per un Frutto dell'Eden, ma, come vedremo più avanti, troveranno una spiegazione. Dopo aver terminato l'analisi, gli Assassini ripongono la Sindone nel suo contenitore e, sia per proteggerla che per nasconderla, decidono di "seppellirla profondamente" e di approntare delle misure per difenderla ulteriormente.
Merita, inoltre, attenzione, il fatto che Geoffroi de Charny sia citato in uno dei Set Mnemonici di Project Legacy, chiamato "La Sindone di Torino - Il mistero più grande o la truffa più sottile?. Tale set, ormai quasi dimenticato, associava la Sindone a "Gesù di Nazareth, Jacques de Molay, Geoffroi de Charny, Cesare Borgia". Purtroppo questo set non è mai stato spiegato ulteriormente, ma due dei personaggi rappresentati sono stati effettivamente possessori della Sindone, e dunque questo lascerebbe intendere che anche gli altri due lo siano stati. Per contro, il set fa riferimento alla Sindone di Torino e non necessariamente al Frutto dell'Eden. Certo, Cesare Borgia era più che convinto che nessun uomo potesse ucciderlo... Atto 6 - Mario Auditore e la "riscoperta" della Sindone
La Sindone rimane nelle non meglio specificate profondità di Monteriggioni fino al 1454, anno in cui sono ambientati i ricordi di Mario Auditore in Project Legacy. Dopo che il fratello Giovanni aveva lasciato la roccaforte per recarsi a Firenze, Mario era rimasto l'unico a doversi occupare di controllare, mantenere e far prosperare il piccolo paese. Così avvenne, anche se la principale preoccupazione di Mario, condottiero e maestro nell'arte della guerra, era quella di fortificare le mura e di preparare i suoi soldati e la città a resistere e respingere eventuali tentativi di attacco dall'esterno, come avvenuto nei 200 anni precedenti.
Quello che Mario non previde inizialmente, dunque, fu un attacco dall'interno. A Monteriggioni, infatti, improvvisamente Mario si trovò a dover fronteggiare furti, violenze e litigi tra famiglie, il tutto causato da un agitatore, Luciano Pezzati, che in breve tempo venne scoperto e sconfitto in uno scontro corpo a corpo. Pezzati venne quindi portato a Villa Auditore, dove confessò che la sua attività faceva parte di un piano più grande, che i disordini da lui creati erano solo propedeutici ad un assedio di Monteriggioni ad opera dei Fiorentini, comandati da Federico da Montefeltro. Mario, che aveva già sospettato la cosa, si prodigò per difendere Monteriggioni, forte sia delle informazioni ottenute da Pezzati, sia delle truppe della città e della propria abilità tattica. Dopo molte fatiche, riuscì a respingere l'attacco del Montefeltro, riuscendo anche a mandare a Firenze l'immagine di una Monteriggioni impenetrabile come una fortezza. La parte più interessante del ricordo, però, arriva adesso. Solo dopo la sconfitta da parte del Montefeltro, Pezzati confessò a Mario un'altra verità. Il vero motivo dell'attacco non era il potere o la conquista, bensì la ricerca di "qualcosa" che si trovava a Monteriggioni e che gli antenati di Mario avevano nascosto. Conoscendo i fatti avvenuti circa 100-150 anni prima, noi sappiamo già cosa fosse "sepolto profondamente" a Monteriggioni e questo dà un'impronta inaspettata all'attacco di Federico di Montefeltro. Questi, infatti, difficilmente potrebbe essere venuto a conoscenza dell'esistenza della Sindone a meno che non facesse parte dell'Ordine dei Templari: questi avrebbero invece avuto tutti gli interessi a recuperare il manufatto, sottratto un secolo e mezzo prima al loro confratello Geoffroi de Charny (come il Montefeltro - o chi per lui a Firenze - sia riuscito a scoprire che la Sindone si trovasse a Monteriggioni non è ancora ben chiaro). Scongiurato, dunque, l'attacco, Mario decise di scoprire cosa fosse questo manufatto e cominciò a cercarlo per la città. Monteriggioni aveva diversi luoghi nascosti o isolati adatti a nascondere segreti (le miniere, la Cripta della Famiglia Auditore, i sotterranei della Villa), ma la Sindone non si trovava in nessuno di quelli. A seguito di ulteriori ricerche, però, Mario scoprì che il pozzo di Monteriggioni era stato prosciugato ed ulteriormente scavato da un suo antenato (probabilmente quello che abbiamo visto nell'atto 5, ecco cosa intendeva con "seppellirla profondamente"). Sempre più interessato a trovare il manufatto Mario prosciugò il pozzo a sua volta e si recò al suo interno insieme a dei minatori e dei soldati. La zona era piena di trappole: alcuni di loro rimasero uccisi mentre il nostro protagonista si procurò un taglio irreparabile sull'occhio sinistro che lo rese cieco da un occhio (ecco il perché della sua cicatrice nei giochi di AC). Ciononostante, Mario proseguì e scoprì che quello che era stato nascosto... era una semplice scatola (che non aprì mai), contenente un "tesoro pericoloso". Dopo aver raggiunto la stanza con la scatola, Mario sentì una voce riecheggiargli in testa: "IL DOLORE E' TEMPORANEO, IGNORALO" e, subito dopo i suoi uomini si convinsero che il contenuto della scatola avrebbe potuto curarli (anche in questo caso è possibile che abbiano sentito una voce similare nella loro testa). Mario intimò loro di non aprire la scatola, ma loro decisero di attaccarlo e Mario, pur di sopravvivere, fu costretto ad ucciderli tutti. Avendo capito o sospettato la pericolosità del manufatto, e probabilmente avendo realizzato che i Templari avrebbero inviato una nuova offensiva per recuperarlo, Mario decise spostare la scatola da quel luogo. Mentre risaliva in superficie, però, sentì di nuovo la stessa voce nella testa che gli disse "FERMATI", "LIBERA LA TUA MENTE." e "VERRAI CURATO" (con la sua ferita all'occhio che già aveva smesso di sanguinare). A detta di Mario la voce non sembrava ostile, ma gli dava degli ordini - a cui lui non obbedì, pur essendone tentato. Mario, alla fine, nascose la Sindone nella Villa per un brevissimo periodo di tempo, fino a quando su sua (di Mario) esplicita richiesta il fratello Giovanni non venne a prenderla. Da quel momento in poi la scatola ed il suo contenuto sarebbero stati " un problema della Confraternita". Ci troviamo, dunque, di fronte a diverse nuove informazioni sulla Sindone e, finalmente, a qualche nuova interazione, sebbene indiretta. Apparentemente sembra che la Sindone "parli" nella testa delle persone ed addirittura le convinca a compiere certi "atti" per soddisfare propositi che è lei stessa a proporre (per esempio, "VERRAI CURATO"). Una situazione e delle abilità molto inusuali per un Frutto dell'Eden, su cui cercherò di fornire una mia interpretazione più avanti. Con l'atto 6 si conclude la prima parte di questa analisi dedicata alla Sindone. Restate con noi perchè a brevissimo pubblicheremo la seconda parte, in cui emergeranno i segreti più nascosti della Sindone ed in cui cercheremo di ipotizzare alcuni scenari per il presente di Syndicate! Rimanete sincronizzati!
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